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Alla Procura della Repubblica
presso il Tribunale di Roma
15 Ottobre 2003
Alla c.a. del Sig. Procuratore Aggiunto,
Dott. Gianfranco Amendola, sua Sede di Roma
Trasmesso via FAX e Raccomandata A.R. e pubblicato sul
sito www.Radiondistics.com
Con riferimento al processo nei confronti dei responsabili
della Radio Vaticana
Io sottoscritto, Francesco Errante, nato a
Palermo il 18 agosto 1969 ed elettivamente domiciliato presso lo Studio
dell'Avv. OMISSIS , sito in OMISSIS, prov. di Palermo,
espongo quanto segue:
sono da circa vent'anni impegnato nell'investigazione dei fenomeni
radioelettrici ed ho, con successo, appena concluso un programma di ricerca
scientifica volta alla determinazione sperimentale della fisica dei
trasduttori radioelettrici (antenne) e della radiazione da essi emanata
quando alimentati con segnali radioelettrici.
Avendo recentemente depositato diverse domande di brevetto industriale, a
tutela della mia proprieta' intellettuale, sono adesso in grado di poter
liberamente asserire e dimostrare, tra l'altro, che i segnali elettrici a
radiofrequenza quando applicati ad un appropriato trasduttore radioelettrico
(antenna) danno origine a radiazioni ionizzanti.
Le radiazioni a cui mi riferisco sono le onde radio, originariamente
note come radiazione hertziana.
La radiazione hertziana è allo stato attuale considerata essere
non-ionizzante. Questo è falso.
Il mio "Rivelatore passivo di radiazione
hertziana a fluorescenza da ionizzazione secondaria" (oggetto di
domanda di brevetto giá depositata), (NB: brevetto industriale successivamente concesso nel 2008)
BREVETTO INDUSTRIALE
n.0001347487 (ITAPA20030022)
Visita l'archivio
dell'European Patent Office per vedere tutti i
miei brevetti QUI
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Il mio rivelatore, col metodo da me studiato, permette di dimostrare come
anche le onde corte con deboli potenze siano in grado di ionizzare fortemente
i gas. Lo stesso consente di apprezzare campi prodotti da antenne, alimentate
con potenze irrisorie, fino ad un minimo di circa 0,1 Watt.
Con la pubblicazione dei miei studi, del rivelatore e del suo metodo
d'impiego, sul sito internet www.radiondistics.com, la comunitá scientifica è
ora in condizioni di verificare sperimentalmente quanto da me asserito in
questa sede.
Mi corre l'obbligo di attrarre l'attenzione di tutti sul fatto che
quanto da me rivelato non puó e non deve essere inteso, ne' usato
come fondamento per insinuare che sia stato provato un nesso tra il potere
ionizzante delle radio-onde ed il sorgere di patologie nell'uomo o negli
animali. è peró, a mio parere, compito inderogabile delle
autoritá, preposte alla tutela della salute, di prendere atto dell'avvenuta
scoperta scientifica del potere ionizzante delle radio-onde e
conseguentemente disporre l'avviamento di un programma di ricerca scientifica
volta a stabilire i reali effetti biologici dell'esposizione a campi
ionizzanti a radio frequenza, sia sull'uomo che sugli animali.
Distintamente ossequia,
15.10.2003 |
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FRANCESCO ERRANTE |
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Nel 2003 si apre un nuovo procedimento penale,
stavolta per omicidio colposo. Una perizia richiesta dal Giudice per le indagini preliminari presso il
Tribunale di Roma suggerisce una "associazione importante e significativa" tra
l'esposizione residenziale alle onde radio e i casi di decessi e malati.
Nel 2006 il Giudice per le indagini
preliminari presso il Tribunale penale di Roma, nell'ambito del
procedimento penale N.33642 del 2003, ha disposto un'indagine
epidemiologica chiedendo ai Periti nominati di:
quesito 1. Vogliano i periti, previo studio della documentazione in atti
e di quella ritenuta necessaria, nonche' in considerazione dell'insieme
dei risultati della perizia della studio di fattibilita' promossa dal GIP
e della relativa stima di potenza e dei costi dell'indagine e
l'acquisizione dei dati suggeriti nel citato studio di fattibilita' e di
quelli ritenuti dirimenti, saggiare la sussistenza di una relazione
causa-effetto tra l'emissione di onde elettromagnetiche provenienti dagli
impianti di Radio Vaticana e di Maritele e decessi, mediante uno studio
di mortalita' su base di popolazione di tipo casi-controlli che valuti
l'associazione tra tumori del sistema emolinfopoietico ed esposizione
relativamente ai decessi sopravvenuti nella zona a rischio e nella
limitrofa zona in studio come ipoteticamente definite nello studio di
fattibilita' per un periodo che almeno comprenda gli anni dal 1990 al
2000;
quesito 2. Vogfiano i periti, previo studio della documentazione in atti
e di quella ritenuta necessaria, nonche' in considerazione dell'insieme
dei risultati della perizia dello studio di fattibilita' promossa dal GIP
e della relativa stime di potenza e dei casti dell'indagine e
l'acquisizione dei dati suggeriti nel citato studio di fattibilita' e di
quelli ritenuti dirimenti, saggiare la sussistenza di una relazione
causa-effetto tra l'emissione di onde elettromagnetiche provenienti dagli
impianti di Radio Vaticana e di Maritele e casi di tumori in eta
infantile, mediante uno studio d'incidenza su base di popolazione di tipo
casi-controlli che valuti l'associazione tra leucemie e linfomi da
esposizione, relativarnente ai casi sopravvenuti nella zona a rischio e
nella limitrota zona in studio come ipoteticamente suggerito dallo studio
di fattibilita' per un periodo che almeno comprenda gli anni dal 1989 a/
2005.
Nel 2010, la perizia e' stata depositata e la stessa ha stabilito
che all'interno di un'area di raggio pari a Km.6 l'incidenza di tumori
del sistema emolinfopoietico, di leucemie e linfomi e' 6 volte superiore
a quelle delle zone presenti ad una distanza via via maggiore (Corone
circolari di raggi comprese tra Km.6 e Km.12 e maggiori di
Km.12).
La copia integrale della perizia e' disponibile qui:
http://download.repubblica.it/pdf/2010/perizia1.pdf
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Corte di Cassazione
IIIa Sezione penale
Sentenza n. 36845
udienza del 13/05/2008 - deposito del 16/09/2008
SENTENZA
sui ricorsi proposti dal Procuratore generale della
Repubblica presso la corte d'appello di Roma e dalle parti civili:
- Associazione VAS, Verdi Ambiente e Società, in persona del presidente
sen. Guido Pollice, a mezzo degli avv. Giovanni Schiavo e Francesca
Romana Fragale;
- Cittadinanzattiva o.n.Lu.s., a mezzo dell'avv. Adelmo Manna;
- Materia Roberto, a mezzo dell'avv. Costantino M. Marini;
- Rossi Augusto e Angelone Maria, in proprio e quali esercenti la
potestà sui figli minori Federico e Flavia Rossi, Zangheri Valter e
Pantanella Lina, in proprio e quali esercenti la potestà sui figli
minori Marco e Silvia Zangheri, a mezzo dell' avv. Costantino M.
Marini;
- Codacons, Coordinamento dei comitati e delle associazioni di tutela
dell'ambiente e dei consumatori, in persona del presidente avv.
Giuseppe Ursini, a mezzo dell'avv. Carlo Rienzi;
avverso la sentenza emessa il 4 giugno 2007 dalla corte d'appello di
Roma nei confronti di Tucci Roberto e Borgomeo Pasquale;
udita nella pubblica udienza del 13 maggio 2008 la relazione fatta dal
Consigliere Amedeo Franco;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore
Generale dott. Alfredo Montagna, che ha concluso per l'annullamento
senza rinvio della sentenza impugnata nei confronti di Tucci Roberto
perché il reato è estinto per prescrizione e con rinvio nei confronti
di Borgomeo Pasquale;
udito l'avv. prof. Adelmo Manna per la parte civile Cittadinanzattiva
o.n.Lu.s.;
udito l'avv. Giovanni Schiavo per la parte civile Associazione VAS,
Verdi Ambiente e Società;
udito l'avv. Costantino M. Marini per le parti civili Materia Roberto,
Rossi Augusto, Angelone Maria, Zangheri Valter e Pantanella Lina;
udito l'avv. Carlo Rienzi per la parte civile Codacons;
uditi l'avv.to prof. Franco Coppi e l'avv. Marcello Melandri per
entrambi gli imputati;
Svolgimento del processo
1. Il cardinale Roberto Tucci, presidente del Comitato di gestione,
mons. Pasquale Borgomeo, Direttore generale, e l'ing. Costantino
Pacifici, vice direttore tecnico, vennero rinviati a giudizio per
rispondere del reato di cui all'art. 674 cod. pen. per avere, quali
responsabili della Radio Vaticana, diffuso, tramite gli impianti siti
in Santa Maria in Galeria, radiazioni elettromagnetiche atte ad
offendere o molestare persone residenti nelle aree circostanti, ed in
particolare a Cesano di Roma, arrecando alle stesse disagio, disturbo,
fastidio e turbamento.
Con sentenza del 19 febbraio 2002 il giudice del tribunale di Roma
dichiarò il difetto di giurisdizione ai sensi dell'art. Il del Trattato
Il febbraio 1929 tra Italia e Santa Sede. La sentenza venne però
annullata da questa Corte.
A seguito dell'annullamento, il giudice del tribunale di Roma, con
sentenza 9 maggio 2005, dichiarò il card. Tucci e mons. Borgomeo
responsabili del reato loro ascritto (il primo fino al 31.12.2000) e li
condannò alla pena di dieci giorni di arresto ciascuno, con la
sospensione condizionale della pena e con la condanna al risarcimento
dei danni in favore delle costituite parti civili da liquidarsi in
separata sede. Assolse invece l'ing. Pacifici per non aver commesso il
fatto.
In sintesi, osservò, tra l'altro, il giudice:
- che l'emissione di onde elettromagnetiche poteva farsi rientrare, in
via di interpretazione estensiva e non di applicazione analogica,
nell'ambito della prima delle due ipotesi previste da 674 cod.
pen.;
- che per la sussistenza del reato non era necessario il superamento
dei limiti imposti dalle leggi speciali, perché la clausola «nei casi
non consentiti dalla legge» si riferisce esclusivamente alla seconda
ipotesi di reato di cui all'art. 674 cod. pen., ossia alle sole
emissioni di gas, vapori e fumo;
- che nella specie potevano ritenersi sussistenti, oltre all'attitudine
a molestare delle onde elettromagnetiche emesse, anche le molestie in
concreto arrecate alle persone residenti nelle zone circostanti;
- che, difatti, doveva considerarsi molestia anche il semplice arrecare
generalizzata preoccupazione ed allarme circa eventuali danni alla
salute da esposizione ad emissioni inquinanti;
- che era quindi irrilevante la mancanza di una attitudine alla
«offesa» alla persona, la quale richiede la prova della idoneità
concreta delle onde elettromagnetiche a nuocere alla salute delle
persone, prova che nella specie non era stata fornita;
- che era altresì irrilevante l'entrata in vigore della legge 22
febbraio 2001, n. 36, che disciplina l'emissione delle onde
elettromagnetiche e ne stabilisce i limiti, configurando all'art. 15 il
loro superamento come un illecito amministrativo, perché tale illecito
può concorrere con il reato di cui all'art. 674 cod. pen. qualora, come
nella specie, sia provato che è stata arrecata molestia alle persone,
dal momento che tra le due disposizioni non è applicabile il principio
di specialità;
- che doveva presumersi che i limiti fissati dal d.m. n. 381 del 1998
fossero stati prima del 2002 superati perché un teste aveva dichiarato
che la Radio Vaticana aveva accettato di rientrare nei limiti previsti
«per cortesia diplomatica» in seguito all'accordo raggiunto con lo
Stato italiano 1'8 giugno 2001 e perché i disturbi agli apparecchi
domestici si erano attenuati dopo il 2002, e che comunque le questioni
relative al superamento dei limiti non incidevano sulla sussistenza del
reato anche successivamente al 2002, attesa la presenza di rilevanti
molestie fino al febbraio 2004.
2. La corte d'appello di Roma, con sentenza del 4 giugno 2007, assolse
invece gli imputati perché il fatto non è previsto dalla legge come
reato. In sintesi, la corte d'appello ritenne che la sussunzione della
fattispecie di emissione di onde elettromagnetiche nella previsione di
cui alla prima parte dell'art. 674 cod. pen. costituiva il frutto non
già di una semplice interpretazione estensiva, bensì di una vera e
propria applicazione analogica della norma penale ad una diversa
fattispecie caratterizzata dalla identità di ratio, applicazione che
nel nostro ordinamento non è consentita in materia penale.
3.1. Avverso questa sentenza propone ricorso per cassazione il
Procuratore generale della Repubblica presso la corte d'appello di Roma
deducendo erronea applicazione della legge penale e sostenendo, con
richiami alla giurisprudenza di questa Corte, che l'art. 674 cod. pen.,
ovviamente con riferimento alla sua prima parte, deve applicarsi anche
al fenomeno della emissione di onde elettromagnetiche non in forza di
una applicazione analogica ma per mera interpretazione estensiva. Fra
le altre argomentazioni sostiene che non è di ostacolo ad una ampia
interpretazione del termine «cosa», che comprenda anche le onde
elettromagnetiche, il fatto che l'art. 674 abbia previsto una seconda
ipotesi con la tassativa specificazione delle sole emissioni di gas,
vapori o fumi, perché la seconda parte della disposizione non è affatto
equivalente alla prima, se non altro in quanto, diversamente dalla
prima, vieta le emissioni solo se ciò avvenga nei casi non consentiti
dalla legge.
3.2. Propone ricorso per cassazione anche l'Associazione VAS, Verdi
Ambiente e Società, a mezzo degli avv. Giovanni Schiavo e Francesca
Romana Fragale, deducendo violazione di legge e vizio di motivazione
perché nella specie si è in presenza di una interpretazione letterale
(ancor più che estensiva) dell'art. 674 cod. pen. e non di una
applicazione analogica. In particolare, sostiene che è ben possibile
ricondurre le onde elettromagnetiche al concetto di cosa e che è ancor
più pacifico l'inquadramento del fenomeno nella più ampia categoria
delle emissioni di gas, fumi e vapori.
3.3. Propone ricorso per cassazione Cittadinanzattiva o.n.l.u.s., a
mezzo dell' avv. Adelmo Manna, deducendo erronea applicazione della
legge penale e sostenendo che la fattispecie è sussumibile nell'art.
674 cod. pen. senza dar luogo ad alcuna applicazione analogica, poichè
le energie e le onde elettromagnetiche sono «cose» per loro natura
propria. In particolare, critica la tesi della sentenza impugnata
secondo cui la nozione di «cosa» sarebbe indirettamente delimitata ai
soli oggetti solidi e liquidi dalla espressa previsione di gas, vapori
e fumi nel secondo periodo della disposizione, e ciò perché per questi
ultimi la punibilità della emissione è limitata ai soli casi non
consentiti dalla legge, sicchè vi era la necessità di una
regolamentazione specifica di ciò che va considerato come una species
del più ampio genus di cui al primo periodo. Allo stesso modo, anche
fra l'espressione «provocare emissioni» e «gettare» vi è lo stesso
rapporto fra specie e genere, senza che ciò implichi la sottrazione del
significato di «emettere» dal verbo più generale «gettare».
3.4. Materia Roberto, a mezzo dell'avv. Costantino M. Marini, propone
ricorso per cassazione deducendo inosservanza ed erronea applicazione
dell'art. 674 cod. pen. e degli artt. 12 e 14 delle preleggi e
sostenendo anch'egli che l'emissione di onde elettromagnetiche rientra
nella previsione dell'art. 674, prima parte, cod. pen. Osserva, in
particolare, che non può ritenersi che la prima parte dell'articolo
regoli il getto di cose materiali e la seconda di quelle non materiali,
e tanto meno che le onde elettromagnetiche siano escluse da entrambe le
ipotesi, dovendo invece ritenersi che la seconda ipotesi prende in
considerazione solo le cose diffuse a seguito di lecite attività
produttive oggetto di disciplina da parte di leggi speciali.
3.5. Propongono ricorso per cassazione anche Rossi Augusto e Angelone
Maria, in proprio e quali esercenti la potestà sui figli minori
Federico e Flavia Rossi, Zangheri Valter e Pantanella Lina, in proprio
e quali esercenti la potestà sui figli minori Marco e Silvia Zangheri,
a mezzo dell'avv. Costantino M. Marini. Il ricorso è identico a quello
di Materia Roberto.
3.6. Propone ricorso per cassazione il Codacons, Coordinamento dei
comitati e delle associazioni di tutela dell'ambiente e dei
consumatori, a mezzo dell'avv. Carlo Rienzi, deducendo:
a) inosservanza ed erronea applicazione dell'art. 674 cod. pen., il
quale comprende anche l'emissione di onde elettromagnetiche, che
rientrano nel concetto di cosa.
b) erronea applicazione di legge e sussistenza dello elemento
soggettivo del resto.
c) violazione di legge perché l'entrata in vigore dell'art. 15 della
legge n. 36/2001 non comporta che il fatto sia considerato reato solo
quando sono superati i limiti di legge. Ed infatti, l'art. 15 cit.
sanziona solo le emissioni che superano i limiti di legge, mentre
l'art. 674 cod. pen. punisce, a prescindere dal superamento dei limiti
di legge, il solo fatto di avere cagionato offesa o molestia alla
persona, tutelando le due norme due diversi interessi giuridici. Nella
specie comunque sono stati superati i limiti di legge.
Motivi della decisione
4. Il quesito posto da tutti i ricorrenti è se sia giuridicamente
possibile e corretta una interpretazione che inquadri il fenomeno della
emissione di onde elettromagnetiche nella fattispecie dell'art. 674
cod. pen. e, più in particolare, se tale eventuale inquadramento
costituisca il risultato di una mera interpretazione estensiva della
disposizione ovvero se ad esso possa in realtà pervenirsi soltanto
mediante una - non consentita in campo penale - applicazione analogica
della disposizione stessa ad una diversa fattispecie caratterizzata
dalla eadem ratio.
5.1. Vanno fatte due osservazioni preliminari.
In primo luogo, è pacifico e non contestato che il criterio ermeneutico
da adottare non è quello soggettivo ma quello oggettivo, in base al
quale la legge va interpretata non secondo la volontà storica del
legislatore che l'ha promulgata, ma secondo il senso proprio ed
oggettivo delle parole che compongono la disposizione, interpretate nel
momento in cui la stessa deve essere applicata ed alla luce del sistema
normativo vigente in tale momento. E' nozione comune, del resto, che il
significato di ogni norma dell'ordinamento giuridico è condizionato da
tutte le altre norme che in quel dato momento compongono l'ordinamento
stesso. Nell'interpretare il disposto dell'art. 674 cod. pen., quindi,
non ci si può limitare a considerare solo lo stretto significato
letterale delle espressioni usate dal legislatore dell'epoca o il solo
complesso delle norme all'epoca vigenti, ma occorre valutare l'intero
sistema normativo vigente al momento in cui la disposizione deve essere
applicata, per cercare di individuare una volontà oggettiva ed attuale
del legislatore ricavabile appunto da tutto l'ordinamento, ed in
particolare da tutte le altre norme che, direttamente o indirettamente,
riguardano la materia su cui verte l'art. 674 cod. pen.
Da ciò però deriva che, se è vero che non ci si può sicuramente
riferire alla volontà storica del legislatore del 1930 ed al sistema
normativo dell'epoca, è anche vero che nemmeno ci si può riferire alla
volontà oggettiva ricavabile dal sistema normativo vigente, ad esempio,
dieci anni fa, ma deve aversi riguardo appunto al sistema attuale.
Quindi, così come è possibile che il significato da attribuire alla
disposizione di cui all'art. 674 cod. pen. nel 1930 non sia lo stesso
da attribuirle nel 1999, allo stesso modo ben potrebbe essere possibile
che tale significato sia diverso oggi e potrebbe ancora essere diverso
in futuro, qualora siano cambiate o cambino le altre norme del sistema
che possano influenzarlo.
Gli altri elementi del sistema normativo, da cui può ricavarsi una
oggettiva volontà del legislatore condizionante il significato
dell'art. 674 cod. pen., sono soprattutto due: in primo luogo,
l'interpretazione che deve darsi nel suo complesso all'intera
disposizione di cui all'art. 674 cod. pen., in tutte e due le ipotesi
ivi previste; in secondo luogo, l'eventuale introduzione di normative
speciali che possano dimostrare una volontà oggettiva dell'ordinamento
di disciplinare in modo diverso la materia in esame.
D'altra parte, un eventuale mutamento di significato dell'art. 674 cod.
pen. nel «diritto vivente» e l'introduzione di nuove normative di
settore, sono rilevanti sotto un duplice profilo. Innanzitutto perché,
come rilevato, da esse potrebbe ricavarsi una volontà oggettiva attuale
del legislatore nel senso che l'emissione di onde elettromagnetiche non
possa ora comunque farsi rientrare nel significato della espressione
«gettare cose». In secondo luogo perché, quand'anche sulla base di una
interpretazione estensiva di tale espressione possa darsi ad essa un
significato che comprenda anche l'emissione di onde elettromagnetiche,
potrebbe però verificarsi che si giunga a dar luogo ad un sistema
normativo del tutto incongruo ed irrazionale, che imponga quindi di non
attribuire il detto significato alla stregua di una interpretazione
adeguatrice, o costituzionalmente orientata.
5.2. La seconda osservazione preliminare è che, proprio a seguito delle
modifiche intervenute nel sistema normativo con l'introduzione di una
legislazione speciale, non sembra che possa continuare ad attribuirsi
valore decisivo, come criteri ermeneutici, al principio di precauzione
ed alle finalità di tutela di cui all'art. 32 Cost. Questo principio e
queste finalità, infatti, risultano attualmente tutelati, con un alto
livello di protezione (forse ancor più efficace della contravvenzione
in esame), attraverso la previsione di limiti di esposizione e di
valori di attenzione e la configurazione del loro superamento come
fatto sicuramente illecito, punito con un articolato sistema di
sanzioni e rimedi amministrativi.
Devono invece essere tenuti nel dovuto conto i principi, anch'essi di
valore costituzionale, di tipicità e di determinatezza delle
fattispecie penali, di necessaria offensività del reato, di soggezione
del giudice alla legge, nonché il principio generale del divieto di
analogia in materia penale.
6. Occorre dunque innanzitutto esaminare se la suddetta interpretazione
estensiva sia di per sè possibile (a prescindere dalle conseguenze nel
sistema), ossia se possa attribuirsi all'espressione «gettare cose» un
significato più ampio di quello che apparentemente da essa risulta,
tale da farvi comprendere anche la propagazione di onde
elettromagnetiche, ovvero se una siffatta operazione celi, in realtà,
il ricorso all'analogia.
Le parti civili ricorrenti e la sentenza di primo grado, da un lato, e
la sentenza impugnata e gli imputati, da un altro lato, sostengono due
diversi orientamenti, fondati su articolate motivazioni.
6.1. L'orientamento favorevole all'estensione ermeneutica parte
dall'osservazione che il termine «cosa», utilizzato dalla disposizione,
è di per sè suscettivo di esprimere una pluralità di significati, ed in
particolare il significato di ente materiale esistente nel mondo della
realtà fisica. Le onde elettromagnetiche debbono poi includersi nella
nozione di «cosa» perché la scienza contemporanea ha ormai da tempo
superato il dualismo ottocentesco tra materia ed energia, ed ha
chiarito che le energie (tra le quali sono comprese le onde
elettromagnetiche) sono altrettanto dotate di corporeità e di
materialità quanto le res quitangi possunt, e quindi vanno considerate
cose sia per la loro individualità fisica, sia per la loro attitudine
ad essere misurate, percepite ed utilizzate.
Si ricorda anche che già il legislatore penale del 1930 aveva comunque
equiparato le energie alle cose con l'art. 624, secondo comma, cod.
pen., il quale dispone che «agli effetti della legge penale, si
considera "cosa mobile" anche l'energia elettrica e ogni altra energia
che abbia valore economico». Si osserva, in proposito, da un lato, che
l'ampiezza della clausola «agli effetti della legge penale» esclude che
essa possa dispiegare i propri effetti limitatamente ai reati contro il
patrimonio e, da un altro lato, che le onde elettromagnetiche sono
sicuramente suscettibili di valutazione economica e possono essere
misurate, utilizzate e formare oggetto di appropriazione.
Si afferma quindi che «cosa» rilevante ai sensi dell'art. 674 cod. pen.
è quella idonea ad offendere, imbrattare o molestare, e tali sono anche
le onde elettromagnetiche, mentre sarebbe erroneo ritenere che la
disposizione in esame, prevedendo separatamente nel secondo periodo le
emissioni di gas, vapori e fumo, delimiterebbe indirettamente la
nozione di «cosa», cui essa si riferisce, ai soli oggetti solidi e
liquidi. E ciò perché gas, vapori e fumo debbono essere ritenuti una
specie del genere più ampio (cose) di cui parla il primo periodo
dell'art. 674 cod. pen., alla quale è stata data appunto una
regolamentazione specifica.
Si sostiene inoltre che l'espressione «gettare» cose ben può
comprendere anche l'«emissione» o la «propagazione» di onde
elettromagnetiche perché il verbo «gettare» è anche sinonimo di «mandar
fuori, emettere» e, per estensione, come già in Dante Alighieri, di
«produrre, far nascere». Non avrebbe poi importanza la circostanza che
la stessa disposizione usa invece l'espressione «provoca emissioni» con
riferimento ad un catalogo specifico di cose (gas, vapori, fumo) perché
tale catalogo non sarebbe altro che una specificazione del genere
«cose», così come in realtà la locuzione «provocare emissioni» è una
specificazione di quella «gettare».
6.2. L'orientamento contrario all'estensione ermeneutica in esame parte
invece dalla considerazione che le onde elettromagnetiche non rientrano
di per se stesse nella nozione di «cosa» cui si riferisce l'art. 674
cod. pen.
Si osserva che gli elementi costitutivi della contravvenzione sono il
gettare e il versare nei luoghi specificamente indicati «cose» solide o
liquide o il provocare emissioni, nei casi non consentiti, di gas,
vapori o fumo. Le espressioni usate per esprimere la prima condotta
(gettare o versare) evocano, da un punto di vista linguistico, le sole
cose dotate di materialità e quindi sostanze solide o liquide, mentre
in relazione alla seconda ipotesi vi è una tassativa specificazione
della natura delle sostanze oggetto di emissione, che impedisce di
includere in esse, se non per via analogica, anche le onde
elettromagnetiche. Si sostiene che nel linguaggio comune il verbo
gettare esprime la condotta di chi butta o scaglia qualcosa, mentre
nessuno penserebbe di utilizzarlo come sinonimo di emettere o di
generare, far nascere.
Si contesta poi che la presunta genericità della parola cosa comporti
la possibilità di ricomprendere nel termine anche le onde
elettromagnetiche, perché essa nel linguaggio giuridico penale non è
affatto generica ma è ancorata al significato di «cosa materiale». Ciò
è dimostrato proprio dal fatto che il legislatore ha ritenuto
necessario stabilire, con l'art. 624, comma 2, cod. pen., che agli
effetti della legge penale si considera «cosa mobile» anche l'energia
elettrica ed ogni altra energia avente valore economico, mentre di tale
specificazione non vi sarebbe stato bisogno se la parola avesse avuto
di per sè una capacità di dilatazione tale da comprendere anche le
energie.
Si osserva anche che proprio la tassatività della seconda ipotesi
prevista dalla disposizione induce a ritenere che, se il termine cose
dovesse essere inteso, per la sua genericità, in senso ampio, non si
comprenderebbe perché sarebbe stata formulata una diversa ipotesi per i
gas, vapori e fumo, sostanze tutte sussumibili nell'ampio significato
del termine cosa. Inoltre, poichè le onde elettromagnetiche non vengono
gettate o versate ma si generano o si producono o si emettono o si
diffondono o si propagano, da un punto di vista logico la loro naturale
collocazione dovrebbe semmai essere nell'ambito della seconda ipotesi,
ma a tale collocazione potrebbe giungersi esclusivamente mediante una
applicazione analogica di questa seconda ipotesi ad una fattispecie
simile ma diversa, e non con la sola interpretazione estensiva, dal
momento che nel significato di gas, vapori e fumo non possono
sicuramente farsi rientrare anche le onde elettromagnetiche.
Si rileva inoltre che parte della giurisprudenza di questa Corte è
giunta alla applicazione dell'art. 674 cod. pen. alle onde
elettromagnetiche soltanto attraverso una esplicita
«smaterializzazione» dell' espressione «gettare cose» utilizzata dal
legislatore, il che dimostra che il significato proprio dell'
espressione includeva esclusivamente una condotta, per così dire, a
contenuto «materiale», ed escludeva invece l'emissione di onde
elettromagnetiche. Ma se è necessaria una «smaterializzazione» della
condotta tipica prevista dal legislatore, allora è evidente che non si
è più nell'ambito di una interpretazione estensiva, ma si è entrati in
quello della applicazione analogica della norma penale.
Si afferma che nel campo del diritto penale la parola «cosa» ha il
significato di cosa materiale (tanto che anche l'energia elettrica è
solo equiparata alle cose mobili) e non comprende anche le onde
elettromagnetiche. Nè sarebbe rilevante stabilire se l'energia
elettromagnetica è una realtà alla stessa stregua di come è una realtà
una sedia, perché ogni ramo dello scibile ha i suoi criteri di
qualificazione e bisogna quindi vedere se, nel mondo del diritto, la
realtà dei campi elettromagnetici sia la stessa realtà delle sedie e se
quindi entrambe siano riconducibili alla stessa disciplina.
La parificazione ai fini penali delle onde elettromagnetiche alle cose
richiederebbe quindi una esplicita previsione normativa, che però non
potrebbe rinvenirsi nell'art. 624, comma 2, cod. pen., perché le prime
non sarebbero energie aventi di per sè valore economico. D'altra parte,
qualora lo avessero, la non rilevanza dell'art. 624, comma 2, cod. pen.
- ed il fatto che la equiparazione ivi prevista è valida solo per i
reati contro il patrimonio - è dimostrata dalla circostanza che non si
comprenderebbe la ragione per la quale, ai fini della contravvenzione
in esame, dovrebbero rilevare soltanto le energie aventi valore
economico e non qualsiasi energia atta ad offendere o molestare le
persone. Inoltre, seppure l'art. 624 equipara agli effetti della legge
penale cose ed energie, ciò non esclude che in alcuni contesti la
parola «cosa» possa avere un significato più ristretto ed esprimere
esclusivamente il concetto di «oggetto solido». Il che avviene, ad
esempio, con l'art. 675 cod. pen., dato che le «cose» cui esso si
riferisce non possono che essere oggetti materiali ed anzi oggetti
solidi, in quanto solo questi possono essere posti, possono essere
sospesi e possono cadere nei luoghi ivi specificamente indicati. Ed è
significativo che gli artt. 674 e 675 impieghino lo stesso termine
«cosa» nell'ambito di uno stesso contesto, dato che le condotte tipiche
ed i fatti costitutivi dei due reati sono in definitiva gli stessi.
Del resto, anche il luogo del getto o del versamento (di pubblico
transito o luogo privato ma di comune o altrui uso) circoscrive la
natura delle cose che possono essere gettate, escludendo le onde
elettromagnetiche che per loro essenza si disperdono in tutte le
direzioni nell'atmosfera.
Si sostiene poi che anche i verbi usati per esprimere la condotta di
cui alla prima ipotesi (gettare o versare) evocano, da un punto di
vista linguistico, le sole cose dotate di materialità e quindi sostanze
solide o liquide. La condotta del «gettare cose» ha un contenuto
materiale e presuppone la preesistenza delle cose stesse in natura,
mentre l'emissione di onde elettromagnetiche consiste nel generarne
flussi prima non esistenti. Ed è significativo che la tesi contraria,
per ampliare il significato del verbo gettare, è costretta ad attingere
i contenuti dell'espressione addirittura in Dante Alighieri,
dimenticando che il linguaggio poetico si prende talvolta licenze e non
può essere usato per dare significato alle parole del linguaggio
comune. D'altra parte, non si vede la ragione per la quale il testo del
codice penale debba essere riletto come se fosse un testo del 1200,
quando sono semmai alcune espressioni usate dalle disposizioni del 1930
che dovrebbero essere rilette alla luce del significato che hanno nel
linguaggio attuale.
Si sottolinea infine che le parole utilizzate dalla disposizione non
possono comunque essere interpretate singolarmente ma devono esserlo
secondo la connessione con le altre parole che seguono o precedono
quella da interpretare.
Quindi, se il verbo gettare è di per sè anche sinonimo di emettere,
mandar fuori, e la parola cosa può comprendere di per sè anche le
energie, è proprio il collegamento tra il verbo gettare e la cosa,
oggetto del «getto», che indica che tale oggetto non può essere che una
cosa materiale, una delle res qui tangi possunt.
L'espressione gettare un grido, allora, potrà anche essere intesa come
emettere un grido, ma l'espressione gettare una sedia non può
significare emettere una sedia. Allo stesso modo gettare una cosa non
può significare emettere onde elettromagnetiche.
Dunque, è chiaro che con questa espressione il legislatore abbia inteso
riferirsi solo alle cose suscettibili di un loro getto o versamento,
richiedendo che debba trattarsi di cose allo stato solido o liquido.
Invece, con il riferimento alla condotta di «emissione» di cui alla
seconda ipotesi, il legislatore avrebbe optato per una tassativa
specificazione delle sostanze atte ad offendere, sebbene non siano nè
solide nè liquide.
In conclusione, secondo questa opinione, si è in realtà di fronte ad
una lacuna legislativa. Più precisamente, si tratterebbe di una c.d.
lacuna ideologica (intendendosi per tale non già la mancanza di una
norma, bensì la mancanza di una norma che dia al caso una soluzione
soddisfacente, ossia di una norma giusta, o, in altre parole, di una
norma che si vorrebbe che ci fosse, e invece non c'è) e non già di una
«lacuna reale» (peraltro inconcepibile in materia penale stante il
divieto dell'argumentum a simili). Si ritiene cioè che i campi
elettromagnetici possano provocare danno alla salute e che la finalità
di tutelare la salute umana esiga la presenza di una norma che punisca
certi comportamenti.
Poichè manca, anzi mancava, una specifica disciplina legislativa in
materia di emissione di onde elettromagnetiche, si è quindi ritenuto di
colmare la lacuna estendendo l'art. 674 cod. pen. dai casi previsti ad
un caso non previsto, in virtù della somiglianza tra i due e della
identità di ratio legis. Ciò però non costituisce interpretazione
estensiva, bensì inammissibile applicazione analogica in malam partem
della norma penale.
7. I due diversi orientamenti sostenuti dalle parti e dalle sentenze di
merito, si riscontrano anche nella dottrina, che sull'argomento
continua ad essere fortemente divisa, dimostrando in tal modo che si
tratta effettivamente di una questione che rimane opinabile.
Del resto una qualche incertezza si riscontra anche nella
giurisprudenza di questa Corte, sebbene solitamente si ritenga che la
tesi maggioritaria sia quella che fa rientrare l'emissione delle onde
elettromagnetiche nella previsione dell'art. 674 cod. pen. in virtù di
una mera interpretazione estensiva.
7.1. A quanto risulta dalle decisioni massimate, infatti, la tesi della
inapplicabilità ai campi elettromagnetici dell'art. 674 cod. pen. è
stata finora espressamente seguita soltanto da Sez. I, 30 gennaio 2002,
n. 8102, Suraci, la quale, peraltro, presenta una motivazione alquanto
articolata, che deduce l'inapplicabilità dell'art. 674 anche da altre
considerazioni di carattere sistematico, soprattutto in relazione alla
sopravvenuta legge 22 febbraio 2001, n. 36. In particolare, sul
limitato punto che si sta ora esaminando, la sentenza Suraci osserva
che, alla stregua della legislazione vigente, è da escludere l'astratta
possibilità di inquadramento della condotta di chi genera campi
elettromagnetici nella fattispecie penale di cui all'art. 674 cod.
pen., in quanto questa disposizione descrive due ipotesi di
comportamento materiale che differiscono in maniera sostanziale da
quello consistente nella emissione di onde elettromagnetiche, perché
l'azione del «gettare in luogo di pubblico transito... cose atte ad
offendere, o imbrattare o molestare persone» è ontologicamente, oltre
che strutturalmente, diversa dal generare campi elettromagnetici. Il
gettare delle «cose» presuppone la preesistenza di esse in natura,
mentre la emissione di onde elettromagnetiche consiste nel «generare»
(e, quindi, far nascere o far venire ad esistenza) «flussi di onde» che
prima dell'azione «generatrice» non esistevano. La sentenza ritiene
quindi che l'assumibilità delle onde elettromagnetiche nel concetto di
«cose» non può essere automatica, ma richiede necessariamente una
esplicita previsione normativa, come è avvenuto, ad esempio, con la
previsione di cui al secondo comma dell'art. 624 cod. pen. E
altrettanto può dirsi per quanto riguarda l'ipotesi della emissione di
gas, vapori o fumi, relativamente ai quali ogni tentativo di
equiparazione alle onde elettromagnetiche sarebbe del tutto
arbitrario.
L'applicabilità dell'art. 674 cod. pen. comporterebbe pertanto una non
consentita applicazione analogica in malam partem della norma
incriminatrice.
7.2. Le altre decisioni - tutte peraltro relative a misure cautelari
reali sono invece solitamente accomunate in un unico orientamento
maggioritario, favorevole all'applicabilità dell'art. 674 cod. pen.
alle onde elettromagnetiche, anche se per la verità l'accorpamento non
è poi così scontato perché le loro motivazioni sono spesso divergenti,
specialmente su altre questioni connesse, ma ugualmente rilevanti in
ordine al problema in esame. Inoltre, le prime due decisioni, che hanno
dato origine all' orientamento, sono anteriori all'entrata in vigore
della legge 22 febbraio 200l, n. 36.
Vengono fatte rientrare in questo orientamento:
- Sez. I, 13 ottobre 1999, n. 5592, Pareschi, la quale però, senza
affrontare espressamente il problema se l'emissione di onde
elettromagnetiche sia inclusa nella espressione «gettare cose» di cui
all'art. 674 cod. pen., esclude la configurabilità del reato in quanto,
sulla base degli studi scientifici attuali, manca la prova certa della
idoneità dei campi elettromagnetici a provocare una delle conseguenze
nocive previste dal legislatore, ossia ad offendere o a molestare.
- Sez. I, 14 ottobre 1999, n. 5626, Cappellieri, la quale, dopo aver
affermato anch'essa che, allo stato attuale delle ricerche, non risulta
in alcun modo dimostrata l'attitudine delle onde elettromagnetiche a
bassa frequenza, quali sono quelle emesse dagli elettrodotti, a recare
danni apprezzabili, ancorchè transitori e limitati alla sfera psichica,
agli individui direttamente coinvolti, e dopo aver rilevato che nella
specie non erano stati varcati i limiti previsti e che non vi era prova
della idoneità a ledere o a infastidire, ha poi ugualmente ritenuto di
affrontare il problema della astratta riconducibilità del fenomeno
della propagazione delle onde elettromagnetiche nella previsione
dell'art. 674 cod. pen. E la soluzione è stata affermativa perché
«l'intenzione del legislatore» va intesa come volontà della legge
obiettivamente considerata; perché «l'apertura culturale mostrata dal
codice Rocco nel dilatare la nozione di cosa rilevante per il diritto
penale autorizza ad attribuire all'art. 674 una dimensione più ampia di
quella originariamente conferitagli e conforme ad una visione della
legge in armonia con il marcato dinamismo dello Stato moderno»; perché
fra le «cose» di cui parla la norma incriminatrice debbono farsi
rientrare anche i campi elettromagnetici, considerati da A. Einstein
reali come una sedia; perché il verbo «gettare» ha un significato
amplissimo e non indica solo l'azione di chi lancia qualcosa, ma è
anche sinonimo di «mandar fuori, emettere» e, per estensione, come già
in Dante Alighieri, di «produrre, far nascere».
- Sez. I, 31 gennaio 2002, n. 10475, Fantasia, la quale, dopo un
generico richiamo alle due ricordate decisioni del 1999, Pareschi e
Cappellieri, si limita a rilevare che nel caso di specie era assorbente
la circostanza che era stato conte stato il reato di cui all'art. 650
cod. pen., oltre a quello di cui all'art. 674, ed in seguito ad
analizzare i rapporti tra quest'ultima disposizione e l'art. 15 della
1. 36/2001.
- Sez. I, 12 marzo 2002, n. 15717, Pagano, secondo cui il superamento
dei limiti indicati dalla normativa speciale in tema di onde
elettromagnetiche può configurare il reato di cui all'art. 674 cod.
pen. qualora risulti concretamente accertato che detta emissione «possa
cagionare nocumento o turbamento alla salute della popolazione esposta
ai suoi effetti». In particolare, questa decisione, dopo aver
richiamato la precedente giurisprudenza penale sulla smaterializzazione
del concetto di «cosa» e quella civile sulla possibilità che le onde
elettromagnetiche siano oggetto di possesso, ritiene che non sembrano
esservi ostacoli per applicare l'art. 674 alla emissione di un campo
elettromagnetico nocivo per la salute della popolazione esposta,
precisando anche di dissentire dalla sentenza Suraci specialmente in
considerazione dell'«orientamento formatosi con riguardo alla relazione
possessoria dell'emittente con il campo elettromagnetico ingenerato»
nonché del fatto che non è ravvisabile un rapporto di specialità con
l'art. 15 legge 35/2001.
- Sez. I, 14 marzo 2002, n. 23066, Rinaldi, secondo la quale è
configurabile il reato previsto dall'art. 674 cod. pen. nelle emissioni
di onde elettromagnetiche generate da ripetitori radiotelevisivi,
purchè siano superati i valori indicativi dell'intensità di campo
fissati dalla normativa specifica vigente in materia.
Sulla possibilità di far rientrare le onde elettromagnetiche tra le
cose mobili di cui all'art. 674, la decisione dichiara di aderire alla
giurisprudenza maggioritaria espressa dalle precedenti sentenze
Pareschi, Cappellieri, Fantasia e Pagano, ed osserva in particolare che
l'art. 624, comma 2, cod. pen. considera l'energia elettrica e quelle
aventi valore economico come cose mobili, e che di conseguenza la
parola «cose» comprende anche l'energia elettromagnetica, che è
suscettibile di valutazione economica e che, in quanto cosa, è
suscettibile anche di essere gettata, stante l'ampio significato del
verbo «gettare».
8. Orbene, impostato in tali termini il problema, nonostante
l'oggettiva opinabilità della questione ed il peso della tesi
contraria, il Collegio ritiene di non doversi discostare
dall'orientamento giurisprudenziale prevalente, ossia dall'opinione
secondo cui nell'espressione «getto di cose», usata dall'art. 674 cod.
pen., possono farsi rientrare, mediante una semplice interpretazione
estensiva, anche la creazione, l'emissione e la propagazione di onde
elettromagnetiche. Nulla infatti osta a che il termine «cosa», già di
per sè ampiamente generico ed idoneo ad esprimere una pluralità di
significati, comprenda anche le energie, che sono pacificamente dotate,
al pari delle res qui tangi possunt, di fisicità e di materialità e che
dunque, sia per la loro attitudine ad essere misurate, percepite ed
utilizzate sia per la loro individualità fisica, ben possono essere
considerate «cose».
D'altra parte, già l'art. 624, comma 2, cod. pen. stabilisce che, agli
effetti della legge penale, si considera «cosa mobile» anche l'energia
elettrica e ogni altra energia che abbia valore economico. L'ampiezza
della clausola porta a ritenere che la previsione normativa non sia
limitata ai soli reati contro il patrimonio, ed a tale estensione non è
di ostacolo il fatto che, in alcune specifiche disposizioni penali, la
parola «cosa» possa essere riferita alle sole cose materiali, quae
tangi possunt. D'altra parte, le onde elettromagnetiche sono
sicuramente suscettibili di valutazione economica.
E' inoltre assai significativa la circostanza che la medesima tesi sia
stata seguita dalla giurisprudenza civile, che ha da tempo affermato il
principio che è esperibile la tutela possessoria con riguardo alle onde
elettromagnetiche di cui si avvalgono le emittenti radiotelevisive, in
quanto dette onde costituiscono una forma di energia materiale e
quantificabile, da considerarsi pertanto come un bene mobile economico,
che può essere utilizzato direttamente dalla azienda produttrice e può
essere anche ceduto a terzi (Cass. civ., Sez. II, l0 marzo 2005, n.
5317, m. 581118; Sez. II, Il settembre 1991, n. 9511, m. 473806; Sez.
II, 19 aprile 1991, n. 4243; Sez. II, 6 ottobre 1987, n. 7440, m.
455430; Sez. II, 3 agosto 1984, n. 4627, m. 436547; v. anche Sez. II,
28 aprile 1993, n. 4999, m. 482112, la quale però precisa che le onde
elettromagnetiche non possono essere oggetto di possesso diretto ed
autonomo, ossia separatamente ed indipendentemente dagli impianti da
cui promanano e da cui si irradiano, ai quali sono inscindibilmente
collegate).
Si tratta poi di una cosa che è suscettibile di essere, come tale,
anche gettata, dal momento che il verbo «gettare», usato dal
legislatore per descrivere la materialità della condotta prevista
dall'art. 674 cod. pen., ha anch'esso in italiano un significato ampio,
e non indica soltanto l'azione di lanciare qualcosa in qualche luogo,
ma anche quella del mandar fuori, emettere, espellere, che ben può
ricomprendere il fenomeno della emissione e propagazione delle onde
elettromagnetiche.
Quindi, tenendo conto non solo del significato proprio delle singole
parole, ma anche di quello derivante dalla loro connessione emerge che
l'espressione «gettare una cosa» può essere di per sè idonea ad
includere anche l'azione di chi emette o propaga onde
elettromagnetiche.
L'astratta configurabilità del reato di cui all'art. 674 cod. pen. per
l' emissione di onde elettromagnetiche, pertanto, non costituisce il
risultato di una inammissibile applicazione analogica della norma
penale ad una fattispecie diversa da quella in essa prevista e
caratterizzata dalla stessa ratio, ma è il frutto di una semplice
interpretazione estensiva diretta ad enucleare dalla disposizione il
suo effettivo significato, che ad essa - in mancanza di altre norme da
cui possa emergere una diversa volontà del legislatore - può
attribuirsi, anche se non evidente a prima vista.
9. Con ciò tuttavia si vuole soltanto dire che la sussumibilità della
emissione di onde elettromagnetiche nel reato di cui all'art. 674 cod.
pen. è, appunto, astrattamente ammissibile, ossia che essa sarebbe
frutto di una interpretazione estensiva della disposizione e non di una
sua applicazione analogica, e che pertanto non sarebbe vietata.
Ciò non significa però che tale interpretazione estensiva, se pur
possibile, sia anche corretta sotto il profilo ermeneutico. Come si è
già rilevato, potrebbe darsi che dalla interpretazione unitaria della
disposizione penale in questione o dalla considerazione del vigente
sistema normativo relativo al fenomeno delle onde elettromagnetiche, si
ricavi una volontà oggettiva ed attuale del legislatore nel senso che
esso abbia invece voluto che tale fenomeno sia sottoposto ad una
disciplina diversa da quella relativa al «getto pericoloso di cose».
Allo stesso modo potrebbe darsi che, tenendo sempre conto di tutte le
fattispecie di cui all'art. 674 cod. pen. e del complesso sistema
normativo in materia, la suddetta interpretazione estensiva porti ad
una disciplina manifestamente incongrua ed irrazionale o ad
irragionevoli disparità o a palesi violazioni del principio di
necessaria offensività del reato e che debba dunque essere ugualmente
disattesa in applicazione del fondamentale canone ermeneutico per cui,
nel dubbio, deve sempre essere preferita l'interpretazione adeguatrice
o, come anche si suol dire, costituzionalmente orientata, che cioè
eviti possibili contrasti con norme e principi costituzionali.
10. Sotto il primo profilo, viene in rilievo l'interpretazione che deve
essere data all'art. 674 cod. pen. ed alle due ipotesi ivi previste,
interpretazione in ordine alla quale le citate decisioni di questa
Corte favorevoli all'applicabilità della norma penale alle onde
elettromagnetiche non hanno seguito un orientamento unitario.
Come è noto, l'art. 674 cod. pen. prevede due ipotesi di illecito: la
prima è quella di chi getta o versa, in un luogo di pubblico transito o
in un luogo privato ma di comune o altrui uso, cose atte ad offendere o
imbrattare o molestare persona; la seconda è quella di chi, nei casi
non consentiti dalla legge, provoca emissioni di gas, di vapori o di
fumo, atti a cagionare tali effetti.
Secondo un risalente ed in precedenza dominante orientamento, anche
qualora vi sia una normativa di settore o un provvedimento
dell'autorità che regoli l'attività e che imponga limiti di emissione
ed anche quando i limiti tabellari non siano stati superati, la
contravvenzione di cui all'art. 674 cod. pen. sarebbe ugualmente
configurabile qualora l'attività abbia comunque prodotto emissioni
eccedenti i limiti di tollerabilità alla luce dei parametri indicati
dall'art. 844 cod. civ., ed eliminabili mediante opportuni accorgimenti
tecnici. E ciò perché non potrebbe considerarsi lecito l'esercizio di
una attività che, anche se rispettosa dei limiti tabellari, implichi
comunque la sopportazione di inconvenienti eccedenti la normale
tollerabilità, in quanto l'agente era in ogni caso obbligato a
ricorrere alla migliore tecnologia disponibile per contenere al massimo
possibile le emissioni inquinanti, al fine della tutela della salute
umana e dell'ambiente (cfr. Sez. I, 7 novembre 1995, Guamero, m.
203130; Sez. I, 11 aprile 1997, Sartor, m. 207383; Sez. III, 25 giugno
1999, Zompa, m. 214633; Sez. III, 28 settembre 2005, Riva, m. 232359).
Secondo tale orientamento, dunque, l'inciso «nei casi non consentiti
dalla legge» dovrebbe intendersi riferito non solo alla specifica
normativa di settore, ma alla legge in generale e quindi anche alle
prescrizioni del codice civile (in particolare, dell'art. 844 cod.
civ.).
Tale orientamento è stato però giustamente sottoposto a numerose
critiche ed è stato da tempo superato da un orientamento diverso ed
ormai prevalente che il Collegio condivide pienamente - secondo il
quale l'espressione «nei casi non consentiti dalla legge» costituisce
una precisa indicazione della necessità, ai fini della configurazione
del reato, che, qualora si tratti di attività considerata dal
legislatore socialmente utile e che per tale motivo sia prevista e
disciplinata, l'emissione avvenga in violazione delle norme o
prescrizioni di settore che regolano la specifica attività. In tali
ipotesi, invero, deve ritenersi che la legge contenga una sorta di
presunzione di legittimità delle emissioni di fumi, vapori o gas che
non superino la soglia fissata dalle norme speciali in materia. Quindi,
per una affermazione di responsabilità in ordine al reato di cui
all'art. 674 cod.pen., non è sufficiente il rilievo che le emissioni
siano astrattamente idonee ad arrecare offesa o molestia, ma è
indispensabile anche la puntuale e specifica dimostrazione oggettiva
che esse superino i parametri fissati dalle norme speciali.
Qualora invece le emissioni, pur quando abbiano arrecato concretamente
offesa o molestia alle persone, siano state tuttavia contenute nei
limiti di legge, saranno eventualmente applicabili le sole norme di
carattere civilistico contenute nell'art. 844 cod. civ. In altri
termini, all'inciso «nei casi non consentiti dalla legge» deve
riconoscersi, contrariamente a quanto ritenuto dal precedente
orientamento, un valore rigido e decisivo, tale da costituire una sorta
di spartiacque tra il versante dell'illecito penale da un lato e quello
dell'illecito civile dall'altro (Sez. I, 16 giugno 2000, Meo, m.
216621; Sez. I, 24 ottobre 2001, Tulipano, m. 220.678; Sez. III, 23
gennaio 2004, Pannone, m. 2280 lO; Sez. III, 19 marzo 2004, n. 16728,
Parodi; Sez. I, 20 maggio 2004, Invemizzi, m. 229170; Sez. III, 18
giugno 2004, Providenti, m. 229619; Sez. III, lO febbraio 2005,
Montinaro, m. 230982; Sez. III, 21 giugno 2006, Bortolato, m. 235056;
Sez. III, 26 ottobre 2006, Gigante; Sez. III, Il maggio 2007,
Pierangeli, m. 236682). Questo indirizzo, ormai consolidatosi, è stato
del resto seguito anche con riferimento alla emissione di onde
elettromagnetiche (Sez. I, 14 marzo 2002, Rinaldi; Sez. I, 12 marzo
2002, Pagano; Sez. 1,25 novembre 2003, n. 4192/04, Valenziano, non
massimata).
11.1 Il principio di diritto seguito dal «diritto vivente» - e che qui
va confermato - è dunque quello secondo cui il reato di cui all'art.
674 cod. pen. non è configurabile nel caso in cui le emissioni
provengano da una attività regolarmente autorizzata o da una attività
prevista e disciplinata da atti normativi speciali e siano contenute
nei limiti previsti dalle leggi di settore o dagli specifici
provvedimenti amministrativi che le riguardano, il cui rispetto implica
una presunzione di legittimità del comportamento (cfr. Sez. III, l
febbraio 2006, n. 8299, Tortora, m. 233.562).
11.2. Ora, se si dovesse ritenere che tale principio si applichi alla
sola seconda ipotesi prevista dall'art. 674 cod. pen. (emissione di
gas, vapori o fumo) e che quindi non possa applicarsi anche
all'emissione di onde elettromagnetiche (non rientrando le stesse tra i
gas, vapori e fumo) ne deriverebbe una disciplina manifestamente
irrazionale. Ed invero, si dovrebbe ritenere che la contravvenzione in
esame sarebbe, del tutto irragionevolmente, integrata nel caso di
emissione di onde elettromagnetiche pur avvenuta nell' esercizio di una
attività autorizzata o disciplinata per legge e pur quando non siano
superati i limiti stabiliti dalla legge o dai regolamenti o da
specifici atti amministrativi, ma solo perché vi sia possibilità di
offesa o molestia, mentre per tutte le altre attività anch'esse
autorizzate o disciplinate da leggi speciali, la contravvenzione non è
configurabile quando tali limiti non sono superati, sussistendo in tal
caso una presunzione di legittimità delle emissioni. La diversità di
disciplina sarebbe palesemente ingiustificata, e quindi irrazionale,
perché l'elemento che caratterizza e giustifica la previsione speciale
è costituito dal riferirsi ad una attività socialmente utile e quindi
disciplinata e non già dalla natura dell'oggetto dell'emissione (gas,
vapori o fumo).
La inevitabile conseguenza sarebbe allora quella di dover seguire una
interpretazione adeguatrice che appunto escluda che l'emissione delle
onde elettromagnetiche possa essere compresa nel «getto di cose» di cui
all'art. 674 cod. pen.
D'altra parte, è anche vero che, mentre è astrattamente possibile, in
forza di una interpretazione estensiva che allarghi il significato
delle parole, ricomprendere la propagazione di onde elettromagnetiche
nella prima ipotesi dell'art. 674 cod. pen., non sembrerebbe invece,
almeno a prima vista, possibile ricomprenderla nella seconda ipotesi ed
includerla fra le emissioni di gas, vapori o fumo.
E' indubbio che tale risultato potrebbe derivare solo da una operazione
di auto integrazione dell'ordinamento per mezzo dell'argumentum a
simili, che però è vietata in materia penale.
11.3. Ritiene tuttavia il Collegio che la conseguenza, altrimenti
necessaria, di escludere le emissioni elettromagnetiche dall'ambito
dell'art. 674 cod. pen. possa essere evitata per un duplice ordine di
considerazioni.
Innanzitutto, perché l'art. 674 cod. pen. deve essere interpretato nel
senso che esso non prevede in realtà due distinte e separate ipotesi di
reato, ma un solo ed unitario reato nel quale la seconda ipotesi
(emissione di gas, vapori o fumo) non è altro che una specificazione
della prima ipotesi, caratterizzata non tanto dal fatto del particolare
oggetto dell'emissione (gas, vapori, fumo) quanto piuttosto dalla
circostanza che è possibile che l'emissione, ossia l'attività
pericolosa, in quanto socialmente utile, sia disciplinata dalla legge o
da un provvedimento dell'autorità, e che in tal caso il reato è
configurabile esclusivamente quando essa non sia consentita, ossia
quando siano superati i limiti previsti per la specifica attività,
dovendo altrimenti presumersi legittima.
In altre parole, le emissioni di cui alla seconda ipotesi rientrano già
nell'ampio significato dell'espressione «gettare cose», di cui in
realtà costituiscono una specie, e sono state espressamente previste
dalla disposizione solo per specificare che, quando si tratta di
attività disciplinata per legge - e per tale motivo ritenuta dal
legislatore di un qualche interesse pubblico e generale la loro
rilevanza penale nasce soltanto con il superamento dei limiti e delle
prescrizioni di settore.
Quindi, il reato di cui all'art. 674 cod. pen. è ravvisabile in
qualsiasi comportamento materiale (getto, lancio, versamento,
emissione) avente ad oggetto cose materiali o immateriali e che può
oggettivamente provocare offesa o molestia alle persone. Quando però si
tratti di una attività socialmente utile, ed in quanto tale
legislativamente o amministrativamente disciplinata, il comportamento,
quand'anche idoneo a provocare offesa o molestia, resta ugualmente
lecito sotto il profilo penale se non supera i limiti previsti dalla
normativa di settore.
Se così è, poichè l'emissione di onde elettromagnetiche è oggetto di
una specifica disciplina che fissa limiti rigorosi, anch'essa, al pari
di altre attività regolamentate, può integrare il reato in questione
soltanto quando sono superati i limiti tabellari, in modo tale da non
dar luogo ad un sistema manifestamente irrazionale.
Questa conclusione resta ferma anche qualora si ritenga che le due
ipotesi dell'art. 674 cod. pen. debbano restare distinte e separate. Ed
invero, una volta che, come si è già affermato, le onde
elettromagnetiche si sono fatte rientrare nel getto di cose previsto
dalla prima ipotesi della disposizione in esame, alle stesse si può poi
applicare, in via analogica, il principio, desumibile dalla seconda
ipotesi, secondo cui il comportamento deve presumersi legittimo ed il
reato non sussiste quando si tratta di attività regolamentata e non
siano superati i limiti tabellari.
In questo caso, invero, si tratterebbe di analogia in bonam partem, che
quindi non sarebbe vietata. Sembra poi indiscutibile l'esistenza dei
presupposti per questa applicazione analogica, in quanto fra le due
fattispecie esiste sicuramente una somiglianza rilevante, dato che la
qualità comune ad entrambe (attività regolamentata e non superamento
dei limiti) costituisce la ragione sufficiente per cui al caso regolato
è stata data quella disciplina.
12. In conclusione, deve ritenersi che, anche nel caso di emissione di
onde elettromagnetiche, il presupposto necessario perché sia
eventualmente integrato il reato di cui all'art. 674 cod. pen. è
comunque quello del superamento dei limiti previsti dalle specifiche
norme di settore, mentre deve invece escludersi ogni illiceità qualora
le immissioni si siano mantenute nei limiti fissati dalla normativa
vigente, nel qual caso esse sono assistite da una presunzione di
legittimità e di non pericolosità (cfr. Sez. I, 14 marzo 2002, Rinaldi;
Sez. I, 12 marzo 2002, Pagano; nello stesso senso, sempre con
riferimento alla emissione di onde elettromagnetiche, Cass. civ., Sez.
II. 23 gennaio 2007, n. 1391, m. 594829).
Come è noto, i parametri normativi di riferimento sono attualmente
stabiliti dal D.M. Ambiente 10 settembre 1998, n. 381 (Regolamento
recante norme per la determinazione dei tetti di radiofrequenza
compatibili con la salute umana); dal d.P.C.M. 8 luglio 2003 (recante
Fissazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli
obiettivi di qualità per la protezione della popolazione dalle
esposizioni ai campi elettrici e magnetici alla frequenza di rete (50
Hz) generati dagli elettrodotti), il quale ha abrogato il precedente
d.p.c.m. 23 aprile 1992 (recante Limiti massimi di esposizione ai campi
elettrico e magnetico generati alla frequenza industriale nominale (50
Hz) negli ambienti abitativi e nell'ambiente esterno); e dal d.P.C.M. 8
luglio 2003 (recante Fissazione dei limiti di esposizione, dei valori
di attenzione e degli obiettivi di qualità per la protezione della
popolazione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed
elettromagnetici generati a frequenze comprese tra 100 kHz e 300
GHz).
Per i fatti anteriori deve invece farsi riferimento (anche ai sensi
dell' art. 16 della legge n. 36 del 2001) alle norme contenute nel
d.P.C.M. 23 aprile 1992 e succo modif., nel d.P.C.M. 28 settembre 1995,
nonché al già ricordato D.M. Ambiente 10 settembre 1998, n. 381,
attuativo dell'art. 1 della legge 31 luglio 1997, n. 249.
La normativa speciale prevede dei «limiti di esposizione» e dei «valori
di attenzione». In particolare, i «limiti di esposizione» sono intesi
come «valori efficaci », ossia i valori di immissione, definiti ai fini
della tutela della salute da effetti acuti, che non devono essere
superati in alcuna condizione di esposizione; mentre i «valori di
attenzione» rappresentano misure di cautela e sono i valori che non
devono essere superati negli ambienti abitativi, scolastici e nei
luoghi adibiti a permanenze prolungate, ed in particolare sono
predisposti «a titolo di misura di cautela per la protezione da
possibili effetti a lungo termine eventualmente connessi con le
esposizioni ai campi generati alle suddette frequenze all'interno di
edifici adibiti a permanenze non inferiori a quattro ore giornaliere, e
loro pertinenze esterne, che siano fruibili come ambienti abitativi
quali balconi, terrazzi e cortili esclusi i lastrici solari» (art. 3
legge 22 febbraio 2001, n. 36; art. 3 del secondo dei suddetti d.p.c.m.
8 luglio 2003).
Per l'eventuale integrazione della contravvenzione di cui all'art. 674
cod. pen., è dunque in ogni caso necessario che sia oggettivamente
provato, con le dovute modalità, il superamento dei suddetti limiti di
esposizione o dei valori di attenzione.
13. Occorre ora esaminare il secondo dei profili dianzi evidenziati,
ossia le possibili conseguenze ed interferenze che può avere sulla
questione in questa sede in esame l'avvenuta introduzione da parte del
legislatore di una specifica disciplina di settore, che ha posto una
completa regolamentazione del fenomeno della emissione di onde
elettromagnetiche, con la previsione di un severo ed articolato
apparato sanzionatorio amministrativo, anche per il superamento dei
limiti di esposizione o dei valori di attenzione oltre che per la
violazione delle altre regole.
Ed infatti l'inquadramento delle onde elettromagnetiche nell'art. 674
cod. Pen. dovrebbe ugualmente escludersi qualora dovesse risultare che
esso determini, alla luce di questa sopravvenuta specifica disciplina
di settore, un sistema normativo nel suo complesso manifestamente
illogico od incongruo. In tal caso dovrebbe invero ritenersi, anche
sulla base di una necessaria interpretazione adeguatrice che eviti
profili di incostituzionalità, che la volontà attuale ed oggettiva del
legislatore sia contraria all'inquadramento in questione. Del resto,
analogamente a quanto è già stato osservato a seguito della
introduzione di una specifica disciplina legislativa in materia di
inquinamento atmosferico (v. Sez. III, 23 gennaio 2004, n. 9757,
Pannone; Sez. III, 21 giugno 2006, n. 33971, Bortolato), la volontà del
legislatore è stata chiaramente quella di privilegiare, anche nella
tutela della salute contro i pericoli derivanti dalla creazione di
campi elettromagnetici, il ruolo della pubblica amministrazione,
limitando il potere di intervento del giudice penale rispetto a quello
in precedenza riconosciutogli da alcuni orientamenti giurisprudenziali.
Si tratta quindi di vedere, sulla base delle norme attualmente vigenti,
se la oggettiva volontà del legislatore nella materia dell'emissione di
onde elettromagnetiche sia soltanto quella di regolare e limitare
1'intervento del giudice penale ovvero quella di escludere
l'applicabilità dell'art. 674 cod. pen., in favore della applicazione
del nuovo sistema di sanzioni amministrative.
Come è noto il fenomeno dell'inquinamento elettromagnetico è stato
disciplinato dalla legge 22 febbraio 2001, n. 36 (Legge quadro sulla
protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed
elettromagnetici), la quale, per quanto qui interessa, con l'art. 15 ha
introdotto un articolato apparato sanzionatorio amministrativo. Questa
disposizione, in particolare, sanziona rigorosamente le emissioni
elettromagnetiche eccedenti i limiti fissati dall'autorità, stabilendo,
al comma 1, che «salvo che il fatto costituisca reato, chiunque
nell'esercizio o nell'impiego di una sorgente o di un impianto che
genera campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici superi i limiti
di esposizione ed i valori di attenzione di cui ai decreti del
Presidente del Consiglio dei ministri previsti dall'articolo 4, comma
2, e ai decreti previsti dall'articolo 16 è punito con la sanzione
amministrativa del pagamento di una somma da lire 2 milioni a lire 600
milioni (da ¬ 1.032 ad ¬ 309.874)>>. Con la stessa sanzione è
punito chi ha in corso di attuazione piani di risanamento e non
rispetti i tempi e i limiti ivi previsti, mentre il successivo comma 2
sanziona la violazione delle misure di tutela previste dall'art. 5,
primo comma. Di particolare rilievo è poi il comma 3, il quale -
nell'intento di evitare difformità ed incertezze derivanti dalle
difficoltà tecniche e dalle diverse modalità del rilevamento - dispone
che, salvo che il fatto costituisca reato, le sanzioni di cui ai commi
l e 2 sono irrogate dalle autorità competenti, sulla base degli
accertamenti effettuati dalle autorità abilitate ai controlli ai sensi
dell'art. 14. Il comma 4 stabilisce infine che, in caso di inosservanza
delle prescrizioni previste, ai fini della tutela dell'ambiente e della
salute, dall'autorizzazione, dalla concessione o dalla licenza per
l'installazione e l'esercizio degli impianti disciplinati dalla legge,
si applica la sanzione della sospensione, da due a quattro mesi, degli
atti autorizzatori suddetti, e la loro revoca in caso di nuova
infrazione.
Questa nuova disciplina speciale interferisce con l'applicabilità
dell'art. 674 cod. pen. alle emissioni di onde elettromagnetiche sotto
molteplici profili. Il problema che rileva in questa sede è soprattutto
quello della stessa possibilità di coesistenza tra contravvenzione
codicistica ed apparato sanzionatorio speciale.
14.1. Sotto questo profilo, viene innanzitutto in considerazione la
questione della configurabilità dell'art. 674 cod. pen. come un reato
di pericolo astratto o di pericolo concreto.
Invero, secondo un primo orientamento, sarebbe sufficiente il solo
superamento dei limiti tabellari per dar luogo ad una possibilità di
offesa o di molestia alle persone, se non altro sotto il profilo del
turbamento per il timore di possibili conseguenze negative derivanti da
tale superamento. In particolare, secondo questo orientamento, si
tratterebbe di reato di mero pericolo, di modo che non sarebbe
necessario che l'emissione di onde elettromagnetiche provochi un
effettivo nocumento, essendo invece sufficiente l'attitudine ad
offendere o molestare beni primari delle persone, come quello della
salute. Si rileva poi che sarebbe stato lo stesso legislatore, con la
legge n. 36 del 2001 -laddove afferma che essa è diretta ad «assicurare
la tutela della salute ... dagli effetti dell'esposizione a determinati
livelli di campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici» (art. l,
comma 1, lett. a) -, ad avere riconosciuto che l'esposizione a
determinati livelli di campi elettromagnetici possa costituire un
pericolo per le persone, anche a prescindere dal fatto che lo stato
attuale della scienza non ha ancora accertato la nocività delle onde
elettromagnetiche, anche se non la ha esclusa. Ne deriverebbe quindi
una presunzione ex lege in ordine alla effettività del pericolo di
nocività delle emissioni, che dovrebbe ritenersi sussistente per il
solo fatto che siano stati superati i limiti fissati dalla normativa
vigente in materia (Sez. I, 14 marzo 2002, n. 23066, Rinaldi).
Secondo un diverso, e maggioritario, orientamento, invece, i limiti di
emissione sono stati previsti a fini di mera cautela e quindi, per
poter integrare la contravvenzione, non è sufficiente il mero
superamento dei limiti stessi, ma occorre che sia raggiunta la prova
concreta di una effettiva idoneità delle onde elettromagnetiche a
ledere o molestare le persone. In mancanza di una prova certa di questa
concreta ed effettiva idoneità ad offendere o molestare le persone
esposte, deve escludersi la configurabilità del reato (Sez. I, 13
ottobre 1999, n. 5592, Pareschi; Sez. I, 14 ottobre 1999, n. 5626,
Cappellieri; Sez. I, 30 gennaio 2002, n. 8102, Suraci; Sez. I, 12 marzo
2002, n. 15717, Pagano).
14.2. Ora, se si accoglie la prima tesi, se si ritiene cioè che il mero
superamento dei limiti tabellari faccia presumere di per sè il pericolo
di nocività per la salute o di molestia per le persone e sia quindi
sufficiente per l'integrazione del reato di cui all'art. 674 cod. pen.,
ne dovrebbe derivare l'automatica esclusione dell'applicabilità delle
sanzioni amministrative, dal momento che l'art. 15, comma l, cito
stabilisce appunto che il superamento dei limiti di esposizione o dei
valori di attenzione è punito con le sanzioni ivi previste «salvo che
il fatto costituisca reato». Ma è evidente come non possa presumersi
che il legislatore abbia voluto punire con (pesanti) sanzioni
amministrative il superamento dei limiti ed, al tempo stesso, abbia
voluto escludere qualsiasi spazio per l'applicabilità di tali sanzioni.
L'oggettiva ed attuale volontà del legislatore, dunque, dovrebbe
necessariamente essere interpretata nel senso della esclusione
dell'emissione di onde elettromagnetiche dall'ambito di operatività
dell'art. 674 cod. pen. e della loro sottoposizione alla disciplina
speciale (salvo che il fatto non integri reati diversi, come ad esempio
quello di lesioni).
E questa conclusione non dovrebbe mutare nemmeno qualora si ritenga che
- al di là della clausola di riserva contenuta nell'art. 15 cit. ed al
di là del principio generale fissato dall'art. 9 della legge 24
novembre 1981, n. 689 - sia ipotizzabile un concorso di norme e quindi
la contemporanea applicabilità della sanzione penale e di quelle
amministrative. In ogni caso, invero, non potrebbe presumersi
razionalmente una volontà del legislatore che configura un articolato
sistema di illeciti amministrativi con le relative rilevanti sanzioni
per lo stesso identico fatto che il medesimo legislatore vuole
(continuare a) sanzionare penalmente con l'art. 674 cod. pen. Quindi,
anche a prescindere dalla possibilità di un eventuale concorso tra
illecito penale ed illecito amministrativo, in tanto può ritenersi che
la volontà oggettiva del legislatore sia nel senso di far rientrare
l'emissione di onde elettromagnetiche nell'art. 674 cod. pen., in
quanto si ritenga che illecito penale ed illecito amministrativo si
differenzino almeno per un qualche aspetto, ossia che la fattispecie
penale richieda, per la sua integrazione, la presenza almeno di un
qualche elemento ulteriore e diverso rispetto all'illecito
amministrativo. E' cioè necessaria la presenza di un qualche elemento
ulteriore - oggettivamente verificabile - rispetto al solo superamento
dei limiti tabellari.
Affinchè sia possibile ravvisare il reato ipotizzato, occorre dunque
seguire la seconda delle due tesi dianzi ricordate, ossia la tesi che
richiede non solo il superamento dei limiti, ma anche la sussistenza di
una prova certa ed obiettiva di una effettiva e concreta idoneità delle
onde elettromagnetiche a ledere o molestare i potenziali soggetti ad
esse esposti. Tale tesi, del resto, è quella maggiormente conforme non
solo alla oggettiva ed attuale volontà del legislatore, ma anche al
principio di necessaria offensività della fattispecie penale.
15. In conclusione il Collegio ritiene che il semplice superamento dei
limiti tabellari dà luogo ad un illecito amministrativo punito con le
sanzioni previste dall'art. 15 della legge 22 febbraio 2001, n. 36. Se
poi, oltre al superamento dei limiti, vi sia anche la prova certa ed
oggettiva di un effettivo e concreto pericolo di nocumento per la
salute o la tranquillità delle persone, allora potrà essere ravvisabile
il reato di cui all'art. 674 cod. pen.
Non può però omettersi di rilevare che anche questa soluzione potrebbe
dar luogo ad un sistema nel suo complesso manifestamente irrazionale -
e non potrebbe quindi più essere seguita - qualora nel diritto vivente
dovessero prevalere alcuni orientamenti interpretativi relativi sia
all'art. 674 cod. pen. sia alla legge n. 36 del 2001.
Sotto questo profilo viene in primo luogo in evidenza l'inconveniente,
da più parti sottolineato, che, ritenendo applicabile l'art. 674 cod.
pen., si potrebbe determinare un sistema sanzionatorio nel suo
complesso manifestamente irrazionale.
Infatti, il semplice superamento dei limiti sarebbe punito con la
sanzione del pagamento di una somma da ¬ 1.032 ad ¬ 309.874 e, nei casi
più gravi, anche con la chiusura e l'oscuramento dell'emittente. Se poi
il superamento dei limiti determini anche un concreto ed effettivo
pericolo per la salute o la tranquillità delle persone, allora, sebbene
si tratti di un comportamento oggettivamente più grave, queste pesanti
sanzioni amministrative non sarebbero più applicabili ed al loro posto
dovrebbe applicarsi esclusivamente la pena prevista dall'art. 674 cod.
pen., ossia l'arresto fino ad un mese o, alternativamente, l'ammenda
fino ad ¬ 206, magari estinguibile mediante oblazione. L'art. 15, comma
1, della legge n. 36 del 2001 invero dispone che le sanzioni
amministrative ivi previste si applicano «salvo che il fatto
costituisca reato». In virtù di questa clausola di riserva, quindi, la
circostanza che il fatto, essendo anche in concreto potenzialmente
nocivo, integri il reato di cui all'art. 674 cod, pen., potrebbe
comportare l'esclusione della applicabilità delle sanzioni
amministrative (cfr., in questo senso, Sez. I, 30 gennaio 2002, n.
8102, Suraci, secondo cui l'applicazione dell' art. 674 comporta
l'«esaurimento dell'intero disvalore del fatto»; v. anche Sez. I, 12
marzo 2002, n. 15717, Pagano, secondo cui la previsione delle «ipotesi
di illecito amministrativo si pone in termini di ordinaria alter
natività rispetto alla sussistenza del reato»). Daltra parte, se per la
sussistenza del reato è necessaria la presenza di un qualche elemento
ulteriore e specializzante rispetto al solo superamento dei limiti, e
se dunque la fattispecie penale fosse qualificabile come norma speciale
rispetto a quella amministrativa, potrebbe ritenersi che le sanzioni
amministrative non possano trovare applicazione anche in forza del
principio di specialità di cui all'art. 9 della legge 24 novembre 1981,
n. 689.
Secondo alcuni, quindi, si determinerebbe una situazione paradossale
che comprometterebbe seriamente, e forse eluderebbe, il concreto
funzionamento della specifica disciplina introdotta dal legislatore e
gli obiettivi di tutela della salute che essa si prefigge, dal momento
che si potrebbero evitare le consistenti sanzioni amministrative
semplicemente invocando la sussistenza proprio della contravvenzione
del «getto pericoloso di cose», magari da estinguere mediante
oblazione. Tale paradossale conseguenza e l'irrazionalità complessiva
del sistema che ne deriva dovrebbero appunto far ritenere, anche alla
stregua di una interpretazione adeguatrice, che la volontà oggettiva
del legislatore sia quella di escludere comunque l'emissione di onde
elettromagnetiche dall'ambito dell'art. 674 cod. pen.
Ritiene però il Collegio che, almeno allo stato, non sia necessario
giungere a questa conclusione. In primo luogo, perché potrebbe
ritenersi che la sanzione penale, proprio perché tale, sia sempre più
grave ed afflittiva della sanzione amministrativa, cosicchè non sarebbe
esatto che un comportamento più grave sarebbe punito con una sanzione
più lieve. La conseguenza evidenziata dalla opinione critica dianzi
riportata, non potrebbe quindi in realtà considerarsi irrazionale.
In secondo luogo, e soprattutto, perché la presunta irrazionalità si
verificherebbe solo se l'applicazione della sanzione penale esaurisse
sempre l'illiceità del fatto ed escludesse sempre l'applicazione della
sanzione amministrativa, mentre questa conseguenza non è, allo stato,
certa, non essendosi ancora formati sul punto orientamenti
giurisprudenziali consolidati. L'irrazionalità, invero, non
sussisterebbe qualora, nel caso di superamento dei limiti accompagnato
dalla prova certa ed oggettiva di un effettivo e concreto pericolo di
offesa o di molestia, fossero ravvisabili sia l'illecito amministrativo
sia il reato di cui all'art. 674 cod. pen. E' infatti possibile che non
si ritengano applicabili, rispetto alla norma dell'art. 674 cod. pen.,
nè la clausola di riserva prevista dall'art. 15 comma l, della legge n.
36 del 2001 nè il principio di specialità previsto dall'art. 9 della
legge 24 novembre 1981, n. 689 (cfr., ad es., Sez. I, 31 gennaio 2002,
n. 10475, Fantasia, cit., Sez. I, 14 marzo 2002, Rinaldi, n. 23066,
cit., ma sul presupposto, qui non condiviso, che il reato sussiste
anche quando non siano superati i limiti e per il motivo, assai
discutibile, che si tratterebbe di norme dirette alla tutela di beni
giuridici diversi e che in tale ipotesi il principio di specialità non
opererebbe; v. anche Sez. I, 12 marzo 2002, n. 15717, Pagano,
cit.).
Si tratta però di una questione che esula dall'oggetto del presente
giudizio e ciò sia perché nella specie non è contestato anche
l'illecito amministrativo e sia perché, a ben vedere, essa non è
nemmeno decisiva ai fini della interpretazione da darsi all'art. 674
cod. pen. Ed difatti, a parere del Collegio, poichè non risultano
essersi ancora formate sul punto nè una sicura interpretazione
giurisprudenziale nè una consolidata prassi amministrativa, la sola
astratta possibilità di una interpretazione che escluda il concorso tra
i due illeciti e che quindi possa comportare le conseguenze dianzi
prospettate non può, allo stato, essere ritenuta sufficiente ad
impedire una interpretazione che faccia rientrare le onde
elettromagnetiche nell'ambito dell'art. 674 cod. pen.
16. Per completezza va ancora rilevato che, sia che si escluda sia che
si ammetta una possibile coesistenza dei due apparati sanzionatori
penale ed amministrativo, si potrebbero verificare aspetti di manifesta
irrazionalità del sistema anche sotto un ulteriore profilo, e
precisamente in ordine alla sussistenza di una concreta idoneità a
recare nocumento o molestia.
Si è già osservato che, per ammettere la configurabilità del reato di
cui all'art. 674 cod. pen., è necessario che non vi sia una
sovrapponibilità tra illecito penale ed amministrativo, ossia che
l'idoneità ad offendere o molestare non si risolva, in pratica, nel
solo superamento dei limiti. Ora, se si accogliesse una nozione
estremamente ampia e generica di «molestia» e si ritenesse che
l'idoneità ad offendere o molestare non debba essere provata in modo
certo ed oggettivo, ma possa desumersi anche da mere affermazioni o
sensazioni soggettive di aver subito turbamenti, o fastidi, o
addirittura preoccupazioni per una eventuale possibilità di danni alla
salute non verificata scientificamente ed in concreto, si
determinerebbe la conseguenza che il solo superamento dei limiti di
esposizione o dei valori di attenzione - proprio perché si tratta di
limiti fissati in via precauzionale a tutela della salute - potrebbe,
in pratica, essere di per se stesso idoneo a provocare turbamento,
preoccupazione, allarme. Ne deriverebbe che, di fatto, qualsiasi
superamento dei limiti potrebbe integrare il reato purchè si dimostri
che vi sia stato qualcuno che avrebbe potuto essere esposto al campo
elettromagnetico. In tal modo si verrebbe quindi di nuovo a
determinare, in contrasto con l'esplicita volontà del legislatore, una
sostanziale sovrapposizione tra illecito amministrativo ed illecito
penale ed il venir meno di qualsiasi oggettivo elemento di discrimine
tra i due illeciti.
Deve però in contrario osservarsi che questa conseguenza deriverebbe in
realtà da una non condividibile interpretazione della idoneità ad
offendere o molestare necessaria per integrare il reato, mentre non si
verifica accogliendo la corretta interpretazione di tale espressione.
Ed invero, come già in precedenza osservato, deve ritenersi che la
detta idoneità deve avere natura oggettiva e non meramente soggettiva,
deve essere obiettivamente verificabile e che di essa deve essere
fornita una prova certa e concreta. In tal modo, l'elemento ulteriore
che caratterizza il reato e lo distingue dall'illecito amministrativo
risulta sufficientemente ed oggettivamente individuato e delimitato.
Non si determina quindi una sostanziale sovrapponibilità tra i due tipi
di illecito e conseguentemente, sotto questo aspetto, non vi sono
impedimenti alla ritenuta sussumibilità delle onde elettromagnetiche
nell'ambito dell'art. 674 cod. pen.
17. In conclusione, ritiene il Collegio che debba essere affermato il
seguente principio di diritto: Il fenomeno della emissione di onde
elettromagnetiche rientra, per effetto di una interpretazione
estensiva, nell'ambito dell'art. 674 cod. pen. Detto reato è
configurabile soltanto allorchè sia stato, in modo certo ed oggettivo,
provato il superamento dei limiti di esposizione o dei valori di
attenzione previsti dalle norme speciali e sia stata obiettivamente
accertata una effettiva e concreta idoneità delle emissioni ad
offendere o molestare le persone esposte, ravvisabile non in astratto,
per il solo superamento dei limiti, ma soltanto a seguito di un
accertamento (da compiersi in concreto) di un effettivo pericolo
oggettivo, e non meramente soggettivo.
18. La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata con rinvio ad
altra sezione della corte d'appello di Roma, che procederà ad un nuovo
giudizio attenendosi agli enunciati principi di diritto.
Poichè peraltro anche la sentenza di condanna di primo grado non si è
attenuta a tali principi e poichè quindi è possibile che, alla stregua
degli stessi, il giudice di rinvio pervenga ad un proscioglimento nel
merito perché il fatto non sussiste o non costituisce reato o non è
previsto dalla legge come reato, l'annullamento con rinvio deve
riguardare entrambi gli imputati. Non può invero pronunciarsi sentenza
di estinzione del reato per prescrizione nei confronti del card. Tucci
(il quale è stato assolto dalla sentenza ora annullata perché il fatto
non è previsto dalla legge come reato), in quanto in tal modo lo si
priverebbe, di fatto, di un secondo grado di giudizio di merito,
nonostante la precedente assoluzione nel merito. Tanto meno, poi,
sarebbe possibile confermare nei suoi confronti le statuizioni civili
della sentenza di primo grado.
Infine, tenuto conto della complessità delle questioni trattate e
dell'esito della decisione, si ritiene equo compensare integralmente
tra le parti private le spese di questo grado del giudizio.
Per questi
motivi
La Corte Suprema di Cassazione
annulla la sentenza impugnata con rinvio ad altra sezione della corte
d'appello di Roma.
Compensa tra le parti private le spese del giudizio di cassazione.
Il Presidente
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